Riccardo Mazzei, poesia, poesie

Riccardo Mazzei, scritti in versi

ἀρχή

 
- la luce del sole che torna, basso,
se tu lo volessi, in mille istanti diversi
scalderebbe la tua guancia -

e si ingarbuglia per linee che si avvolgono
all'entrata e uscita di passaggi conducenti chiunque dovunque:
trovare il nome - durevole -
già dato, porre fine all'angoscia:
Agent Smith, Woyzeck,
Medea, Gilgamesh,
Miriam.
Non c'è che resa, e appuntare
passeggeri interessanti
lungo i loro passi,
aquiloni che si sfilano.

- se guardi nel tuo "fuori" l' — è presente, passato
del sole,
di niente -

Follia

 
Albeggerà troppo presto
qui in un cantuccio
prima che il sangue si freddi
fuori dalle vostre vene.
Un passaggio
di tormentose lucciole in ritirata al termine del buio
nel grigio che fa l'elenco di ogni cosa
e dà inizio.

Eppure posso ancora incamminarmi in pace,
irraggiungibile perfino a chi mi afferra,
nel mio altrove irrimediabile di —.
Vi ho tagliate via,
ma ancora è presto, non mi vogliono.
Si può fare silenzio, si può stare fermi, si può andare.
O invece, dopo le domande e la risposta evidente
- "io" -
aggiungere
"Posso tornare a casa, adesso?"
e ridere a morto.

Siete lontane,
ma è con voi che voglio stare
così come adesso:
tu, tu
- carogna, corpicino -
con in gola il verso di un corvo ubriaco.

Senza titolo

 
"Rispettare il semaforo"
Io lo rispetto.
Al suo incendio arroventato
un grido di assalto mi nasce
e sprono le lamiere impazienti:
cieche sollevano ondate di automezzi
in uno sbuffo di spuma combusta.
Su colline ed alture riposte, in tenere brezze
che carezzano erbe ed arbusti
la sua luce poi mi azzittisce,
prono sognante arcade,
reclinato e molle tra frutta e silenzio.
Trascolora poi il richiamo al Sole
ultravioletto infrarosso
disco della fine,
della corsa divina:
trascende ogni cosa, e cerco
conferma negli occhi dei vicini,
il marchio dei proseliti
allineati nella navata centrale
a doppio senso di circolazione.

Mi sono ritrovato poi
nel ritmo delle ere, delle stagioni
nei giorni accelerati e intermittenti
con voci che chiamano, fuori, sguardi e colpi sui vetri.
E il loro sconcerto mi è parso appropriato.